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Due serate musicali al Centro Studi "F. Rossitto"
Musica in dis-uso.
 
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Due serate musicali al Centro Studi "F. Rossitto" di Dario Adamo

 

La frenetica attività del Centro Studi ‘Feliciano Rossitto’ ha concluso il 1999 nel migliore dei modi. Oltre alle letture drammatiche ‘concertate’ tra Giorgio Sparacino ed il suo gruppo teatrale, la sala di via Ducezio si è trovata straripante di soci e ospiti per l’interesse suscitato dalle due lezioni-concerto tenutesi rispettivamente il 3 e il 17 dicembre. Nella prima occasione ad animare il pomeriggio di ascolto musicale è stato il noto pianista modicano Giorgio Cannizzaro. Il tema della sua proposta era ‘New York agli albori dell’industria musicale’. Il ritratto della città più grande e vitale d’America è stato tratteggiato attraverso brani di Joplin, Gershwin, Floridia, Ellington e Piazzolla, autori legati alla metropoli statunitense. Oltre ad essere il principale centro portuale e commerciale, la Grande Mela nel corso dell’Ottocento divenne il punto focale della vita teatrale e della nascente industria musicale. La spasmodica creatività con cui si caratterizzò presto la città era dovuto al convergere di emigrati europei - soprattutto irlandesi, ebrei, oltre agli africani già, purtroppo per loro, lì da un pezzo - che avevano oramai trasformato completamente la popolazione nativa. Nonostante la diffidenza degli americani ‘originari’ (secondo un diritto mai del tutto accertato), questi ‘nuovi americani’ considerati come stranieri cercarono di acculturarsi lasciandosi alle spalle il patrimonio originario. Dall’impegno di quest’ultimi nacque una tendenza alla forma breve - il song - e un’idioma musicale originale - in cui convive popolare e colto. È proprio questa ‘originalità’ che tra 1890 e 1960 riuscì ad imporsi come ‘lingua’ nazionale (ma che oggi purtroppo, adottato brutalmente dalle multinazionali rischia di divenire l’unico linguaggio globale schiacciando le culture minoritarie). I soci e gli ospiti intervenuti hanno percorso con entusiasmo il percorso proposto che dai rags di Scott Joplin (da Maple Leaf a Magnetic rag) giungeva ai Tre preludi di George Gershwin, passando per le pagine classiche ammiccanti ai paradigmi afroamericani di un emigrato illustre, ossia il modicano Pietro Floridia. Nel centenario della nascita e nel venticinquennale della morte, Cannizzaro si è poi esibito con un medley fuori programma dedicato a Duke Ellington. Il pomeriggio musicale si è concluso con il memorabile Oblivion del compositore argentino Astor Piazzolla eseguito alla fisarmonica dal musicista modicano (accompagnato al pianoforte dallo scrivente, che per un attimo ha lasciato il ruolo di relatore).

L’altro incontro musicale ha avuto come oggetto il duo chitarristico. A dar vita alla lezione-concerto i chitarristi Valerio Battaglia, ragusano, e Alfredo D’Urso, catanese. Il repertorio proposto apparteneva a due circoscritti periodi della storia della musica in cui il loro strumento ha brillato particolarmente. La chitarra, le cui origini si perdono nella notte dei tempi, ha un suo primo momento di splendore nel Settecento. Finita l’epoca che fa della chitarra un uso esclusivamente riservato (in ambito aristocratico) o, per converso, festivo (in ambito popolare), nel primo periodo preso in esame, vengono pubblicati i primi metodi e lo strumento diviene concertistico ad opera di virtuosi. Il duo ibleo-etneo ha eseguito pagine di due autori particolarmente significativi: il Notturno Concertante (op. 118) di Ferdinando Carulli e la trascrizione dell’Ouverture de La Gazza Ladra realizzata da Mauro Giuliani nel primo ventennio dell’Ottocento. Dopo il languore che percorre tutto l’Ottocento chitarristico ecco risplendere un altro periodo felice in cui siamo tuttora immersi: se in ambito popolare vanno rilevati i fenomeni del folk e del rock (chitarra acustica per un verso, elettrificata per l’altro), in ambito colto - grazie anche al fenomeno Segovia (1893-1987) - lo strumento è introdotto nelle sale concertistiche e svariati autori contemporanei continuano ad accrescerne la letteratura solistica, cameristica e orchestrale che vede la chitarra partecipe e protagonista. Il nostro duo si è cimentato con brani di autori novecenteschi come il brasiliano Radamés Gnatalli e il romano Mario Gangi. Del primo è stata presentata Suite Retratos (una serie di ritratti di musicisti brasiliani eseguiti attraverso l’impiego di moduli coreutici del folklore locale). Del secondo è stata proposta la Suite Italiana (basata su motivi ed andamenti popolari del nostro Quattrocento, plasmati con gesto compositivo e struttura colti).

Queste due occasioni, brillantemente riuscite, hanno preceduto tutta una serie di proposte concertistiche promosse nel periodo natalizio dagli enti pubblici. Queste ultime non avevano il segno culturale a cui abbiamo voluto informare le due lezioni-concerto in questione. Il concetto di partenza di chi ha organizzato e condotto i due pomeriggi al Centro Studi era diverso dal puro divertimento a cui solitamente è improntato l’ascolto pubblico della musica. Infatti, scopo del nostro ascolto era l’individuazione di percorsi socio-culturali in cui l’elemento sonoro è il mezzo principe della ricerca. Il ripetersi di occasioni come queste, oltre a far guadagnare all’arte sonora il posto che le spetta nel mondo della cultura iblea, potrebbe ribaltare, col tempo, la stretta visione che la vede solo oggetto ludico o, nella migliore delle ipotesi, estetico, piuttosto che portatore di significati utili al progresso civile.

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Duke Ellington