Museo etnografico

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Cannizzaru

Liamaru

Lantirnaru

La ricostruzione degli ambienti di lavoro è caratterizzata da elementi capaci di determinare anche un’articolazione didattica rispondente alla conoscenza dei segni adottati come fonti d’informazione e non come cornice esterna o mistica suggestione. Il materiale è disposto secondo varie tematiche: da quello fondamentale della masseria che non è soltanto la sede del nucleo familiare residente stabilmente in campagna ma il centro economico della vita rurale, a quella del lavoro agricolo e delle attività artigianali. La masseria era una casa di campagna caratterizzata da un bagghiu (atrio), la carrittaria (il luogo dove sostavano i carretti), a stadda ossia la stalla, a casa ri mannira o cucina rustica, a casa ri stari cioè l’ambiente da abitare e a stanza ro travagghiu per i lavori di tessitura.

La masseria si riconosce per le singolari strutture architettoniche esaltate dai muri a siccu, quei muri a secco che costituivano il confine e la soglia della cultura contadina e delle sue tradizioni di vita e di lavoro. Ben ricostruita la bottega dello scarparu (calzolaio) nel cui banco sono collocate le forme delle scarpe di diversa misura secondo l’abilità dell’artigiano di saper produrre scarpe, scarpine e scarponi per una clientela varia ed esigente. Si passa quindi in un ambiente nel quale sono sistemati gli attrezzi e gli utensili del milaru, il mielaio apicoltore, riflesso e testimonianza di una vitalità della tradizione apicola radicata nel territorio ibleo. E poi lo spazio devoluto al firraru – ferraschecchi ossia al fabbro capace di forgiare il ferro ma anche di trasformarsi in maniscalco.

Proseguendo ancora, scorgi l’ambiente del lantirnaru o stagnino, che salda pentole e brocche trasformandosi all’occorrenza in un saldatore di rame. Altre botteghe? Quelle del cannizzaru ossia del lavoratore della canna, materia prima che egli utilizza per intrecciare verghe di olivastro e di castagno per ricavarne cesti e gerle; del durcieri in grado di preparare la cioccolata modicana ed altri finissimi dolci; del siddunaru o sellaio, del falegname e dello scalpellino, artigiano pressoché scomparso, che lavorava la pietra per i tipici balconi iblei. Di particolare fascino l’angolo museale che ricostruisce la bottega di mastru ri carretta, il maestro carradore che lavora e ripara le ruote del carretto.