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TUTTO SUGLI EX-LIBRIS    di Enzo Pellai

L'ex-libris è un piccolo foglio di carta che riproduce una vignetta, accompagnata dalla scritta "Ex-Libris", seguita dal nome della persona o della biblioteca proprietaria del libro cui si è applicato. Esso, quindi, esprime un rapporto personale con il libro, la cui usanza è nata in area cristiana ed ha sempre avuto un significato che oltrepassa la semplice attestazione di proprietà, poiché è inscindibile dal contesto culturale che genera il libro; la sua essenza muta con il procedere dei secoli. I codici alto medioevali erano il frutto di una religiosità assoluta, che imponeva il primato della teologia; essi erano considerati degli oggetti sacri e venivano identificati con la stessa legge divina.

Colui che commissionava il libro era consapevole di questo, infatti, sovente, chiedeva all'amanuense o al miniatore del monastero di essere ricordato su di esso. Questa unione simbolica del credente al libro aveva un valore salvifico, tanto che nelle chiese esistevano dei "Libri vitae" sui quali venivano annotati i nomi di quei fedeli che desideravano acquistare dei vantaggi spirituali; quando erano celebrate le funzioni liturgiche questi libri venivano allegati agli evangeliari per rendere attuale e intima la partecipazione ai misteri divini. Tutto ciò era l'adattamento di una consuetudine praticata fin dall'epoca delle catacombe quando per testimoniare la fede, si scolpiva il proprio nome sulle pietre dei luoghi di culto.

Infatti, i Cristiani, diversamente dagli Ebrei, non ritenevano blasfemo questo comportamento, poiché con la nascita di Gesù "il Verbo si è fatto carne e dimora tra gli uomini" In effetti, la Chiesa per far meglio conoscere il suo messaggio ai pagani usava senza remore il linguaggio cifrato e quello dell arte greco-romana, dando loro un contenuto nuovo.Con l'avvento dell Umanesimo la cultura subì un processo di laicizzazione, dovuto allo spostamento dei centri della sua formazione dai monasteri alle città. Le Università e le professioni giuridiche divennero i nuovi soggetti che necessitavano di libri, cosicché gli "Scriptoria" si diffusero all' interno delle mura cittadine (a Urbino, nel XV secolo, se ne contavano più di 40).

Di conseguenza si modificarono anche i generi letterari: accanto alla letteratura religiosa si sviluppò quella amena. e si descrissero le realtà terrene e le gesta umane. Il fine non era più rivolto all'esaltazione delle "virtù" cristiane, ma all'ammirazione per coloro che sapevano conquistare i beni materiali. Lo stesso, libro divenne un segno di gloria e di prestigio mondano tanto più suggestivo,quanto era più preziosamente decorato.Le biblioteche non furono più un privilegio dei monasteri, ma si moltiplicarono. grandiose nelle residenze dei cardinali e dei principi, molto più modeste in quelle dei dotti.Per queste persone ,unire il proprio nome al codice commissionato significava identificarsi con il suo contenuto sapienziale e con il suo destino immortale.

Per rendere visiva questa autocelebrazione, gli artisti crearono un nuovo linguaggio detto "emblematico" in cui le immagini, di forte allusione allegorica, unite a una scritta (motto), simboleggiavano le "imprese" che il personaggio referente aveva in animo di "intraprendere". Gli emblemi (o imprese), da non confondere con i blasoni che hanno la funzione di rappresentare una casata o una città, potevano essere molteplici per una stessa persona. Ludovico il Moro è ritratto con un abito su cui sono ricamati sei emblemi diversi. Ancora oggi, gli emblemi miniati sui codici,a volte anche su ogni singolo foglio,permettono di identificare il committente, e di riconoscere le "azioni valorose" che egli desiderava fossero ricordate dai posteri. Gli emblemi, non escludevano la possibilità di apposizione di "note di possesso" manoscritte; in questi casi la locuzione preferita era: " Hic Liber est…." oppure " Iste liber est…",seguita dal nome del titolare.

due ex-libris del XVII secolo