Riflessioni sull’estetica musicale:tributo ad un artista ibleo
Saggio-recensione de La Sicilia musicale
Country
Paolo Altieri a Scicli?
Il concerto di Alba Assenza: la musicista ritorna sulla scena dopo 22 anni
Presentato a Scicli il progetto discografico sulle musiche cameristiche di Borrometi
Due serate musicali al Centro Studi "F. Rossitto"
Musica in dis-uso.
 
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Musica country a Palazzo dei Mercedari. di Dario Adamo

Modica,Venerdi 12 marzo. Proporre una serata di musica popolare non è certo prassi consueta per un’associazione concertistica. Solitamente, infatti, la ‘cultura alta’ e la pop music sono mondi separati ognuno con fruitori propri e con leggi di mercato differenti. Questa sera un tale evento si è verificato e il merito della lungimirante operazione che ha provocato - almeno per qualche ora - l’abbattimento di questa assurda barriera culturale fra i generi va attribuito agli Amici della Musica ‘P. Floridia’. Venendo incontro ad una sempre più estesa richiesta di informazione musicale, questa associazione in occasione della sua XXIII stagione concertistica ha voluto inserire tra gli appuntamenti di ‘musica classica’ ben tre incontri in cui la musica popolare fosse protagonista (oltre all’incontro di questa sera sono previste le esibizioni dell’Orchestra Tzigana di Budapest il 25 marzo e una serata di canzoni napoletane in compagnia di Pino Racioppi il 6 maggio). Il primo incontro ‘alternativo’ ha avuto per oggetto il repertorio country. Un quintetto elettroacustico (!) proveniente da Cecina (Livorno) - gli East & West - ha eseguito una carrellata di successi statunitensi degli anni Sessanta e Settanta. La scelta dei pezzi - appartenenti per lo più alla scena country-rock, fiorita tra ‘66 e ‘71 - ha riguardato autori come Stephen Stills, John Denver, James Taylor, Bob Dylan nella cui produzione sono ancora udibili gli apporti angloceltici contaminati con gli elementi ritmici del rock (a sua volta un campo di incontro tra abitudini sonore angloceltiche e gestualità afro). Il gruppo toscano, chitarristicamente orientato (oltre al basso elettrico, si alternavano chitarre sia acustiche che elettriche) e sostenuto dalla batteria, ha dimostrato di aver recepito l’idioma statunitense fermandosi al livello della ricreazione (non mi pare di aver riscontrato una rilettura originale e personalizzata). Questo traguardo ci appaga comunque: sebbene abbia consapevolmente o meno costituito la colonna sonora per alcune generazione anche al di qua dell’Atlantico, questa musica non appartiene alla nostra cultura - semmai ce l’ha imposta l’industria culturale di massa (che nel luogo d’origine ha poi finito per danneggiare questo genere orientandone la produzione), ma non fa parte neanche del retaggio culturale dei musicisti - strumentalmente ineccepibili se vocalmente impacciati - che sul palco l’hanno proposta. Oggetto della nostra attenzione non deve certamente essere la performance degli esecutori ma l’operazione che è riuscita a riportare ad un passato prossimo molti degli astanti che hanno prontamente riconosciuto ogni brano i cui titoli ed autori non ricordavano più. Ecco il punto: il ritorno ad un recente passato e ad una quotidianità sonora - al contrario del temporalmente lontano e sofisticato Ottocento eurocolto - sono la chiave per aprire un discorso critico e consapevole sull’ascolto musicale che stranamente proprio per i fruitori colti ortodossi si limita ai retroscena storici e alla comparazione fra le migliori esecuzioni (distogliendo l’attenzione dal prodotto originale, o presunto tale, per concentrarla troppo sulla riproduzione): questo atteggiamento consente purtroppo di trascurare l’aspetto più importante, vale a dire l’oggetto musicale in sé e il significato che può assumere per chi lo fruisce. Correggere il tiro stimolando anche questi canali - oltre a mantenere una buona offerta musicale tradizionale - è uno degli scopi che gli Amici della Musica tentano di perseguire con questa apertura pluralistica e questo spirito planetario.